E che vi credete? Oltre alla rubrica “Posto di blog” pubblicata su Controsenso mi diletto a scrivere anche su “Il laboratorio” un periodico diretto dall’ottimo Lello Colangelo, infaticabile animatore dell’ Associazione Amici Ypsilon che tratta problematiche della comunità aviglianese e non solo. Un autentico laboratorio culturale (qualcuno si chiederà che c’entro io con la cultura, no problem, me lo chiedo pure io…).
Qui di seguito l’articolo pubblicato sull’ultimo numero, dell’argomento ne abbiamo già parlato su queste pagine, ma ritengo che "la materia" sia sempre di viva attualità.
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Il costo della politica lucana
Il problema, anzi il bubbone, è all’ordine del giorno sull’agenda della politica da tempo immemorabile. Sia a livello centrale che nelle italiche periferie si manifesta l’esigenza di dare una robusta sforbiciata a spese inutili e improduttive. La prima cosa che viene in mente è quella di tagliare le prebende al folto esercito della “casta” rappresentata da politici e governati. Limitiamoci a fare un giro d’orizzonte a 360 gradi nel ginepraio di Enti ,Organismi , Istituti, Fondazioni che fiancheggiano i partiti nel governare e amministrare in Italia.
Qualche tempo fa qualcuno aveva fatto un censimento: 106 Accademie, 512 Associazioni, 222 Centri, 213 Istituti, 244 Società e Cooperative, 56 Fondazioni, 109 Compagnie, 73 Comitati…..
Si pensi che continuano ad esistere entità come la GIL (Gioventù Italiana del Littorio) fondata nel 1937 per occuparsi di “formare” i giovani fascisti o l’Opera Nazionale Combattenti. Ma questa è sola punta di un iceberg, quello che rimane sommerso inquieta ancora di più. Risulta difficile, per un groviglio leggi, ricorsi, cause pendenti, mettere fine ad un numero impressionante di Enti.
Con la nascita delle Regioni anche a livello periferico sono cominciati a proliferare Enti e similari che col tempo si sono guadagnati l’appellativo di “inutile”. In molti casi sono diventati il posto dove “piazzare” un candidato trombato o chi ha “già dato”, ex parlamentari ed ex sindaci per esempio occupano postazioni di prestigio in Enti sub regionali o di nomina politica.
Qual è la situazione in Basilicata? Tanto per cominciare bisogna sapere che il costo della burocrazia lucana, rapportato al numero di abitanti, è il più alto d’Italia. Vediamo da cosa deriva questo costo tenendo conto che il numero dei lucani residenti cala a ritmi di circa 5.000 all’anno.
Oltre al Consiglio Regionale che conta, oltre agli assessori, 30 eletti, 2 Amministrazioni Provinciali, operano sul territorio lucano ben 14 Comunità Montane, 5 ASL, un’Azienda Ospedaliera, il CROB, l’AATO, Acqua spa, Acquedotto Lucano, ALSIA, APT, ARBEA, ARDSU, ARPAB, ATER (una per provincia), Autorità di Bacino, CREL, CCIPL, 3 Consorzi di bonifica, Ente Irrigazione, ELBA, Ente Parco delle chiese rupestri, Ente Parco Gallipoli Cognato, Ente Parco del Pollino a “società” con la Calabria, Istituto Nitti, Istituto Zooprofilattico, Metapontum Agrobios, l’ufficio del Difensore Civico. A breve il presidente Napoletano firmerà l’atto costitutivo del Parco dell’Appennino lucano. Enti che hanno un Consiglio di Amministrazione, un Presidente, dei componenti da compensare. In qualche caso il compenso arriva a cifre davvero ragguardevoli. Alcuni presidenti percepiscono compensi sfacciatamente elevati. Qualche giornale ha tentato di capirci qualcosa di più su quanti soldi circolano ma di cifre non ne sono venute fuori. La “nostra casta” mantiene un riserbo impenetrabile. Sarebbe cosa buona e giusta appoggiare la proposta del Segretario dei Radicali Lucani Maurizio Bolognetti che ha proposto una “anagrafe pubblica delle attività degli eletti” in cui far convergere tutti i dati relativi alle entrate degli amministratori.
Diamo per scontato che la Regione è un ente “utile”, esaminiamo l’utilità degli altri enti.
Le Province qualche anno fa hanno rischiato di scomparire, poi hanno ricevuto deleghe importanti con il passaggio di molte strade statali nel patrimonio provinciale e la gestione dell’edilizia scolastica delle scuole superiori. Anche le due Province, come la Regione, ricorrono a molte consulenze esterne fonte di parecchie polemiche che, in qualche caso, non appaiono ingiustificate se si tiene conto, per esempio, che la sola Provincia di Potenza ha a libro paga oltre 800 dipendenti.
Sicuramente saranno le Comunità che pagheranno dazio. 14 organismi in una regione, seppur montana come la Basilicata, sono decisamente troppe ed il bisturi, con molta probabilità, opererà tagli significativi. Anche se, per la verità, da più parti se ne invoca la soppressione. Le competenze delle Comunità Montane possono benissimo essere trasferite ai Comuni e alle Province. Non è tollerabile che questi organismi hanno potuto gestire ingenti fondi dispersi in mille rivoli o in iniziative che con la “missione” delle Comunità Montane nulla hanno a che vedere. Caso emblematico la costruzione di un Palazzetto dello Sport da parte della Comunità Montana Alto Basento, opera che in vent’anni di lavori e l’impiego di ingenti fondi statali ancora non vede la fine. In molti casi la quasi totalità del bilancio è assorbito dalle spese per il personale e per le spese vive di mantenimento della sede. Intollerabile. E’ di questi giorni la notizia secondo cui nella Legge Finanziaria che sta terminando l’iter parlamentare è stato inserito un articolo che prevede una drastica riduzione degli enti montani. Da calcoli riferiti alla Basilicata, se passa così come è scritto l’articolo della Finanziaria, saranno 5 le Comunità Montane da sopprimere. Per intanto il Gruppo Consiliare della Regione di Italia dei Valori presenta una proposta di legge che prevede la soppressione di tutte le Comunità Montane lucane.
Ma è nel settore della Sanità che si deve cercare di razionalizzare e risparmiare il più possibile. Gran parte del bilancio regionale è assorbito dalla spese per far funzionare il corposo apparato sanitario costituito da 5 ASL, gli Ospedali, gli ambulatori dei distretti sanitari, le tante strutture convenzionate.
Nei programmi della giunta regionale in carica si era cominciato a ragionare per ridurre a due le ASL ma il “ragionamento” non si concretizza in atti concreti per le resistenze che vengono dalle periferie ed una manifesta contrarietà del responsabile della Sanità in seno alla Giunta regionale. A remare contro la riduzione delle ASL è proprio l’Assessore Antonio Potenza spalleggiato dal suo partito, l’UFEUR.
Non è giustificata nemmeno la presenza di tanti piccoli ospedali (Stigliano, Chiaromonte, Maratea per esempio). Meglio creare dei comprensori su cui concentrare gli investimenti per dare ai lucani prestazioni di qualità. Si dovrà combattere contro la resistenza di “poteri forti” dietro cui, non è un mistero, si celano, per esempio, i primari dei piccoli ospedali che perderebbero quella “onnipotenza” che oggi hanno all’interno delle strutture in cui “lavorano”.
Pure da razionalizzare sono gli enti che gravitano attorno al mondo agricolo, troppi e con competenze spesso inutili o duplicate.
Le polemiche più feroci, che hanno tenuto banco per tutta l’estate, sono state scatenate dalla decisione della Giunta Regionale di commissariale i due Consorzi per lo Sviluppo Industriale. La decisione era nell’aria da tempo ma i due presidenti, entrambi in quota DS, hanno ferocemente contestato la decisione della Giunta regionale. Una violenza verbale mai raggiunta e con tante prese di posizione che hanno disegnato due schieramenti netti dove tutta Forza Italia si è apertamente schierata contro il provvedimento mentre a favore della decisione dell’esecutivo ci sono stati consensi in ordine sparso. Appare evidente, per la virulenza della reazione dei presidenti Vasta e Minieri, che intorno ai Consorzi orbitano interessi giganteschi. Bisogna capire se questi interessi si conciliano con quelli del mondo imprenditoriale lucano. A prima vista pare proprio di no se è vero, come è vero, che il presidente di Confindustria di Basilicata, Martorano, è più volte intervenuto per criticare l’operato dei due organismi consortili, non solo, Confindustria è uscita da tempo dagli organismi consortili. Se sono proprio gli industriali a criticare i Consorzi c’è da interrogarsi perché questi Enti debbano continuare ad operare, almeno con le regole attuali. E’ fuor di dubbio che negli anni ’80 i consorzi, grazie agli ingenti fondi calati da Roma, hanno svolto un ruolo fondamentale nella infrastrutturazione di alcune aree industriali (Potenza, Tito, Melfi, Isca Pantanelle, Senise, Matera, Pisticci, Ferrandina ecc) ma è altrettanto vero che esaurito questo compito il ruolo dei Consorzi ASI va ridisegnato affidando loro compiti ben definiti. Come sono oggi strutturati i Consorzi rappresentano un appesantimento burocratico per chi intende insediarsi in ragione dei regolamenti in vigore spesso causa di lungaggini che ritardano l’insediamento. Per non parlare, per quanto concerne il Consorzio ASI della provincia di Potenza, l’aver introdotto una odiosa tassazione aggiuntiva ai tributi comunali che di fatto contribuisce ad appesantire, invece di alleggerire, il costo del lavoro. Una vera e propria contraddizione. Mentre è in atto un vivacissimo dibattito è arrivato un inatteso provvedimento del TAR di Basilicata che, accogliendo parzialmente il ricorso del Consorzio ASI di Matera, ha di fatto annullato la delibera regionale che aveva inviato i Commissari (si era insediato solo l’Ing. Pafundi a Potenza). Una telenovela la cui ultima puntata è ben lungi da programmare.
Da capire anche come razionalizzare le risorse che orbitano attorno all’acqua lucana, tre Enti regionali francamente sono esagerati. Come esagerato è il costo dell’acqua pagato dai lucani e che da più parti viene contestato.
Quello che si deve assolutamente mettere in campo è la lotta allo spreco di risorse ingenti per tenere in vita Enti che stanno in piedi esclusivamente per pagare lo stipendio ai consigli di amministrazione.
Un timido taglio la Giunta regionale lo ha fatto un paio d’anni fa ma restano attivi molti enti e i loro componenti ed i consigli di amministrazione. Postazioni ambitissime tant’è che per la nomina degli organismi oggi in carica ci furono circa 7.000 domande presentate da un esercito di circa 2.000 burocrati per ottenere una poltrona. Peccato che i posti distribuiti lo scorso anno furono circa un centinaio con un rapporto di un incarico ogni 6.000 abitanti, una enormità.